giovedì 28 agosto 2014

La profezia del silenzio

Un intervento di Enzo Bianchi

Se nella nostra società «l’uomo è diventato un’appendice del rumore» (Max Picard), si fa sempre più urgente l’esigenza che ciascuno ritrovi la propria umanità attraverso la riscoperta del silenzio e l’apprendimento dell’antichissima arte di “ascoltare il silenzio”. Impresa certo non semplice, se già Eraclito definiva i propri simili come «incapaci di ascoltare e di parlare»: da allora forse abbiamo l’impressione di aver compiuto passi in avanti nella capacità di parlare, ma certo quanto ad ascolto sembriamo tornati indietro di secoli. Abbiamo bisogno di una pedagogia dell’ascolto che può prendere le mosse solo dal silenzio. Sì, “ascoltare il silenzio” può sembrare un ossimoro, invece è la chiave che apre il mondo dell’ascolto autentico e della comprensione di ciò che si sente.
La tradizione spirituale non solo cristiana ha sempre riconosciuto l’essenzialità del silenzio per una vita interiore autentica. «La preghiera – ha detto il Savonarola, che pur di discorsi appassionati ben si intendeva – ha per padre il silenzio e per madre la solitudine». Solo il silenzio, infatti, rende possibile l’ascolto, cioè l’accoglienza in sé non soltanto della parola pronunciata, ma anche della presenza di colui che parla. Il silenzio è linguaggio di amore, di profondità, di presenza all’altro. Del resto, nell’esperienza amorosa il silenzio è spesso linguaggio molto più eloquente, intenso e comunicativo delle parole.

Purtroppo oggi il silenzio è raro, è forse la realtà maggiormente assente nelle nostre giornate: siamo bombardati da messaggi sonori e visivi, i rumori ci derubano della nostra interiorità e le parole stesse vengono immiserite dal loro essere urlate, ridotte a slogan o invettive. Ora, «quando diminuisce il prestigio del linguaggio aumenta quello del silenzio» (Susan Sontag). Dobbiamo confessarlo: abbiamo bisogno del silenzio! Ci è necessario da un punto di vista prettamente antropologico, perché l’uomo, che è un essere di relazione, comunica in modo equilibrato e significativo soltanto grazie all’armonico rapporto fra parola e silenzio.

Ma abbiamo bisogno del silenzio anche dal punto di vista spirituale. Per la fede ebraica e cristiana il silenzio è una dimensione teologica: sul monte Oreb, il profeta Elia percepì di essere alla presenza di Dio non nel frastuono di venti, tuoni e terremoto ma solo quando ascoltò «la voce di un silenzio sottile» (1Re 19,12). Ignazio di Antiochia dirà che Cristo è «la Parola che procede dal silenzio». Non si tratta semplicemente dell’astenersi dal parlare o dell’assenza di rumori, ma del silenzio interiore, quella dimensione che ci restituisce a noi stessi, ci pone sul piano dell’essere, di fronte all’essenziale. «Nel silenzio è insito un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di concentrazione sulle cose essenziali» (Dietrich Bonhoeffer).

Il silenzio è custode dell’interiorità in quanto ci conduce da una dimensione primaria e “negativa” di sobrietà, disciplina nel parlare o addirittura di astensione da parole, a un livello più profondo, di intensa vita spirituale: cioè al far tacere i pensieri, le immagini, le ribellioni, i giudizi, le mormorazioni che nascono nel cuore. È il difficile silenzio interiore, quello che trova il proprio ambito vitale nel cuore, luogo della lotta spirituale. Ma proprio questo silenzio profondo genera l’attenzione, l’accoglienza, l’empatia nei confronti dell’altro.
Il silenzio scava nel nostro profondo uno spazio per farvi abitare l’alterità, per farne risuonare la parola e, al tempo stesso, ci dispone all’ascolto intelligente, al parlare misurato, al discernimento di ciò che brucia nel cuore dell’altro e che è celato nel silenzio da cui nascono le sue parole. Il silenzio, allora, quel silenzio, suscita in noi la carità, l’amore del fratello. «Il silenzioso diventa fonte di grazia per chi ascolta», aveva affermato san Basilio. Per il cristiano, il rimando all’ascolto obbediente della Parola di Dio, all’accoglienza del Verbo fatto carne è evidente ed estremamente eloquente.

Non a caso è questo il silenzio che proviene a noi da una lunga storia spirituale: è il silenzio cercato e praticato dagli esicasti per ottenere l’unificazione del cuore, il silenzio della tradizione monastica finalizzato all’accoglienza in sé della parola di Dio, il silenzio della preghiera di adorazione della presenza di Dio. Ma è anche il silenzio caro ai mistici di ogni tradizione religiosa e, ancor prima, è il silenzio di cui è intriso il linguaggio poetico, il silenzio che costituisce la materia stessa della musica, il silenzio essenziale a ogni atto comunicativo. Il silenzio, evento di profondità e di unificazione, rende il corpo eloquente conducendoci ad abitare il nostro corpo, a nutrire la nostra vita interiore, guidandoci a quell’habitare secum così prezioso per la tradizione monastica come per quella filosofica. Il corpo abitato dal silenzio diviene rivelazione della persona intera.

Proviamo allora a ricavare nel ritmo del nostro vivere un tempo per ascoltare il silenzio: riusciremo a cogliere gli sforzi compiuti per crearlo e custodirlo, a discernere i suoni impercettibili della presenza di altre creature accanto a noi, a comprendere il non-detto che abita la gran quantità di parole, ad avere intelligenza di quanto accade – cioè, letteralmente, a “leggere dentro" gli eventi – e, finalmente, anche ad ascoltare meglio noi stessi e gli altri quando parlano al nostro cuore e alla nostra mente, e non solo ai nostri orecchi.

lunedì 25 agosto 2014

Preghiera alla Madonna del Soccorso



Vergine beata del Soccorso, siamo saliti alla casa dove tu abiti e da dove tu estendi la tua protezione sopra di noi e sopra le nostre famiglie.

Lungo la strada ti abbiamo vista: eri ricolma di gaudio, poi inondata di dolore, poi circonfusa di gloria.

Anche sulle strade di casa nostra ci sono tante piccole gioie e c’è tanto dolore; quanto è uguale alla tua la nostra vita! 

E tuttavia quanto la tua vita è stata diversa dalla nostra.

Perché tu sei Colei che ha creduto e che nella fede ha trovato beatitudine, mentre noi siamo attratti dalle voci della terra e troppo piccola è la nostra fede.

Vergine beata, vieni in soccorso alla nostra debolezza.

Aiutaci a gustare con cuore riconoscente tutte le gioie, piccole e grandi, di cui il Signore ci fa dono.

Aiutaci ad accettare come segno di misericordia il dolore che c’è sulla nostra strada e nelle nostre case, aiutaci ad attendere nella speranza il compimento delle promesse del Signore.

Aiutaci a credere, aiutaci a sperare, aiutaci ad amare.

Vergine beata del Soccorso, prega per noi!

 (vescovo  Alessandro Maggiolini – 8 settembre 1993)


mercoledì 13 agosto 2014

Festa dell'Assunzione di Maria



C’è un contrasto forte tra le letture di oggi; la prima e la seconda presentano una grandiosa visione e una solenne proclamazione dottrinale. Il vangelo invece presenta uno spaccato di vita quotidiana in tutta la sua semplicità e umanità.
In questa apparente contrapposizione possiamo tuttavia cogliere un messaggio importante che caratterizza la festa odierna e la rende una festa concreta, che ci tocca da vicino…
Quanto descritto nella grandiosa visione dell’Apocalisse e quanto solennemente proclamato da Paolo si attua dentro la storia, nel quotidiano, dentro la nostra corporeità e umanità. Ecco il messaggio. Tutto si compie già in queste donne, dentro i loro corpi, nella loro esistenza semplice e nascosta agli occhi del mondo.
Cosa si compie e si attua?
Il rovesciamento. Tutto è rovesciato.
Non più la morte, il drago antico, ma la vita è vincente e danza fin dal grembo. Non più il male, ma il bene trionfa. Non più la donna, l’umanità, vestita di foglie di fico (nel primo libro della Bibbia), ma la donna, l’umanità vestita di sole (così la descrive l’Apocalisse ultimo libro della Bibbia).
Maria lo percepisce e lo canta: “Ha disperso i superbi, ha rovesciato i potenti…” Elisabetta intuisce la novità che si sta attuando ed esclama: “Beata colei che ha creduto all’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.
Non si tratta di  illusione, di sogni, di false aspettative.
Il rovesciamento c’è, avviene, ma si compie per ‘aver creduto’.
Per chi crede alla Parola del Signore – come Maria – si apre una storia nuova, ora, subito; storia in cammino verso un compimento, un’assunzione nella pienezza e nella vita senza fine.
Questo si compie in Maria. Si compie come segno per dire anche a tutti noi il senso dell’oggi e il futuro che ci attende.
In Maria vediamo la prima dei credenti che diventa la prima dei redenti, dei risorti. La Pasqua del Figlio, proclamata da Paolo, diventa ora Pasqua di Maria e sarà la nostra definitiva Pasqua, perché Gesù risorto è la primizia e in lui “tutti riceveranno la vita”.
In Maria vediamo il nostro destino: la sua assunzione ci parla di pienezza, compimento, realizzazione di tutta la sua persona – corporeità e spirito -  nella piena comunione con Dio. Un destino tuttavia non solo da sperare e attendere, ma che già è scritto nella nostra vita e che va costruito dentro la storia, nella nostra quotidianità, così come ha fatto Maria. La sua assunzione altro non è che il compimento del suo vivere di ogni giorno secondo Dio.
Qui, oggi, nel nostro quotidiano siamo chiamati anche noi a fare spazio alla presenza di Dio perché possa operare quel rovesciamento atteso e sperato, dove la vita, il bene, l’amore abbiano a prevalere sulla morte, sul male e sull’odio e la violenza.
Questo rovesciamento, che già dentro questa nostra storia dobbiamo attuare, passa attraverso la fede e l’ascolto: “Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore”.
Credere è ascoltare la Parola del Signore, accoglierla e lasciare che rovesci innanzitutto noi stessi: i nostri criteri di valutazione e di giudizio, i nostri pensieri, le nostre scelte. E’ il cammino di conversione cui siamo tutti chiamati. E così, solo così, può iniziare per ciascuno di noi quella trasformazione che ci porta fino all’assunzione, al compimento della vita nuova in Dio.
Non solo. Se questo ha inizio in noi, ha inizio anche dentro questa nostra storia; ciò che noi siamo, pensiamo e facciamo trasforma, rovescia, cambia, la storia di ogni giorno. Così può già oggi nascere una storia diversa, pacifica, fraterna, rispettosa delle diversità, accogliente, se ciascuno di noi si fa tale, si lascia rovesciare interiormente da Dio. A chi chiedeva a madre Teresa di Calcutta “Cosa posso fare per costruire la pace nel mondo?”, lei rispondeva: “Inizia nella tua famiglia”. Inizia a fare pace in te e attorno a te…
Così facendo ci scopriamo tutti chiamati a costruire una storia al rovescio, dove abbiano a prevalere la vita, il bene e l’amore.
Lo sappiamo che questo comporta una lotta, una fatica, un impegno che deve iniziare da noi stessi.
Sappiamo tuttavia che la meta verso la quale siamo in cammino – lo vediamo appunto in Maria – è quella di una pienezza di vita, di una realizzazione finale.
Questa speranza deve sostenerci nella fatica e nella lotta. E’ la speranza che ha da sempre dato e dà forza oggi a chi è perseguitato di arrivare anche fino al martirio.
Ricordando oggi, con tutta la chiesa ogni uomo e donna - cristiano o non cristiano – che soffrono a causa di persecuzioni, guerre, violenze assurde, privazione di libertà e dei diritti fondamentali, preghiamo per loro e invochiamo la fine di tutto questo male.
Ma rinnoviamo anche il nostro impegno a lavorare insieme per il rovesciamento di questa storia sbagliata. Per far fiorire tra noi e ovunque una storia secondo Dio, quella storia che Dio ha già scritto e pensato per tutti noi, che Maria canta nel suo Magnificat, che Gesù annuncia nella Beatitudini, e che attende di essere portata a compimento anche attraverso il nostro contributo e impegno.