sabato 30 maggio 2015

Santissima TRINITA'



Dio il Padre,
Dio il Figlio,
Dio lo Spirito Santo.
Immenso il Padre,
Immenso il Figlio,
Immenso lo Spirito santo.
Uno il Padre,
Uno il Figlio,
Uno lo Spirito Santo.
Nella Trinità indivisibile
ogni Persona divina
è la Potenza, la Sapienza, l'Amore:
ciascuna Persona
è la Divinità unica, immensa.
Tutta l'immensità
l'Unità che tutto trascende
lo Spirito Santo è:
il Dono che dall'abbisso s'effonde
e penetra tutto
e di sé indivisibile e uno
tutte le cose riempie
e tutte in una luce trasforma.

Nessun uomo, nessuna creatura,
nulla nel cielo e sopra la terra
ti adori più:
nessuno ti conosca o ti ammiri,
nessuno ti serva, ti ami.
Illuminato dallo Spirito,
battezzato dal fuoco,
chiunque tu sia: monaco, vergine, sacerdote,
tu sei trono di Dio,
sei la dimora, sei lo strumento,
sei la luce della Divinità.
Tu sei Dio:
sei Dio, Dio, Dio.
Dio nel Padre, Dio nel Figlio,
Dio nello Spirito Santo;
sei Dio, Dio, Dio...

Dal Cantico di San Sergio di Radonez Patrono di Russia, 1314-1392 
 (testo di Divo Barsotti)

sabato 23 maggio 2015

Pentecoste



“Togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra”. Senza la tua forza, nulla è nell’uomo”…
Sono parole che abbiamo da poco ascoltato nel salmo e nella sequenza di questo giorno di Pentecoste. Giorno del compimento della Pasqua, cinquanta giorni dopo la risurrezione di Gesù.
Parole che vanno oltre a questo fatto inaudito della risurrezione. Infatti si parla di Spirito che crea e dà respiro a ogni cosa. Quello Spirito che è la vita perché è Dio stesso. “Senza la tua forza, nulla è nell’uomo”… Non possiamo vivere senza di Lui. Ed è Lui che dà la vita a ogni cosa e fa risorgere dai morti il Cristo e in Lui tutti noi.
Ebbene questo Spirito abita in noi. E’ la consapevolezza che nasce in questo giorno di Pentecoste. Noi siamo da sempre abitati da Lui, ogni cosa respira grazie a Lui. Esserne consapevoli significa allora riconoscerci figli amati del Padre, proprio perché in noi è il Suo stesso Spirito. Fratelli di Cristo, perché abitati dallo stesso Spirito. Famiglia di fratelli perché in tutti noi dimora lo stesso Spirito.
Cosa possiamo comprendere di Lui? Solo quanto la Parola ci rivela.
Innanzitutto che non si tratta di una cosa, o di un dono particolare. Si tratta di Dio stesso e della sua vita. Di Lui che abita in noi. Nel vangelo ha un nome; Gesù lo definisce “il Paraclito”, cioè “colui che sta vicino, al fianco”. Esso ci accompagna da sempre… Ma con Gesù noi diventiamo consapevoli della sua Presenza e del suo ruolo. Egli, dice Gesù, “darà testimonianza di me”, “vi guiderà a tutta la verità”, “vi annuncerà le cose future”.
E’ il comunicatore della vita del Padre e del Figlio; in lui noi veniamo sempre più resi capaci di entrare nella vita stessa di Dio, nella relazione d’amore con Lui e quindi di esserne così i testimoni. Questo avviene in una graduale, ma continua comunicazione e comprensione della Parola che Gesù ci ha dato: “dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future”, “prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”. 
C’è uno stretto legame tra Spirito e Parola: non per nulla, nel brano degli Atti degli Apostoli, Luca narra la Pentecoste usando l’immagine delle lingue di fuoco e dei diversi linguaggi umani. Quasi ad evidenziare che lo Spirito è la nuova lingua, è la Parola stessa che ora risuona e a tutti è comunicata. Tutti possono comprenderla, perché questa Parola è Spirito e vita e va oltre ogni barriera culturale, sociale, religiosa.
Lo Spirito abita in noi dunque per aprirci il cuore alla comprensione della Parola di Cristo e così orientarci all’incontro con il Padre che ci ama.
Lo Spirito abita nella Parola e con essa abita in noi. Siamo in Lui e in Lui camminiamo quando ascoltiamo la Parola e viviamo immersi in essa.
Spirito e Parola: un linguaggio nuovo che scalda i cuori; un vento, soffio che spinge al largo, ad aprirsi, ad andare… che mette in cammino.
A questo ci invita Paolo nella seconda lettura. “Camminate secondo lo Spirito”. Che significa: lasciati guidare ogni giorno da quello Spirito che nel tuo cuore fa risuonare la Parola di verità e di vita, guidandoti così nelle tue scelte.
Il fine della vita cristiana è l’acquisizione dello Spirito Santo, diceva San Serafino di Sarov. A questo dobbiamo tendere. Siamo chiamati a vivere nello Spirito per diventare così capaci di portare non i frutti che derivano dal nostro io egoista, ma che maturano dallo Spirito stesso di Dio che abita in noi. “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Sono i frutti nuovi che fanno maturare il Regno di Dio in noi e nel mondo. Sono quanto tutti abbiamo bisogno oggi.
Pentecoste è veramente l’inizio di una nuova opportunità.
Quella di una vita di figli amati e non più di schiavi; quella di poter generare i frutti dello Spirito e non più dell’egoismo; quella di poter dare un’impronta nuova a questa nostra storia spesso arenata nel male e spingerla, al vento dello Spirito, verso la bellezza e l’amore di Dio.
Pentecoste: occasione di ripresa per un rinnovato cammino personale e per le nostre comunità; un cammino di conversione allo Spirito e di spazio a Lui e alla sua Parola, se vogliamo essere segno dell’Amore che Gesù ci ha donato e forza rigenerante della storia dentro la quale abbiamo la missione di essere i Suoi testimoni.


Senza lo Spirito Dio è lontano, Cristo resta nel passato, l’Evangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione,  l’autorità dominio, la missione propaganda, il culto un’evocazione e l’agire cristiano una morale da schiavi.
Ma, in Lui, il cosmo si solleva e geme nelle doglie del regno, Cristo Risorto è presente, l’Evangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l’autorità è servizio liberante, la missione è Pentecoste, la liturgia è memoria e anticipazione, l’agire umano è deificato. 
(Ignazio IV, Hazim, Patriarca greco-ortodosso)

sabato 16 maggio 2015

Ascensione del Signore



Per capire e vivere la festa dell’Ascensione occorre innanzitutto cancellare dal nostro vocabolario le parole ‘distacco’, ‘lontananza’, ‘solitudine’. Invece radicare nel cuore un’altra parola: presenza.
Non più soli, ma accompagnati.
La Parola di Dio ascoltata è tutta orientata a evidenziare questa presenza, nuova e definitiva, del Signore Gesù accanto a noi.
Gesù il Risorto ci ha rivelato “un solo Dio e padre di tutti, che è ad di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”. “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” abbiamo proclamato al canto dell’Alleluia. Nel vangelo poi, davanti a una scena che sembra parlare di addio e distacco, a sorpresa si afferma: “il Signore agiva insieme con loro”.
Se infatti l’Ascensione è, con la Pentecoste, il compimento della Pasqua, non può che essere la conferma di una Presenza nuova e definitiva, reale, vera, del Cristo risorto tra noi, in noi.
Una presenza che deriva proprio dalla Pasqua, dove Gesù si manifesta il Vivente, il Vincitore sulla morte, il Signore. E’ da questa sua Signoria (espressa con termini quali “salire al cielo”, “stare alla destra del Padre”) che viene a noi la certezza che Lui, Gesù il Cristo, figlio di Dio e Signore risorto, è vivo e presente in mezzo a noi.
Noi siamo chiamati a scommettere sull’Invisibile. Chiamati ad imparare a riconoscere e ad accogliere una presenza invisibile, ma reale. Essa si attua in duplice forma. Attraverso il Suo Spirito e la Sua Parola.
Negli Atti Luca riporta la promessa di Gesù: “voi tra non molti giorni sarete battezzati in Spirito santo” e ancora: “riceverete la forza dallo Spirito santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni”.
Nello Spirito ricevuto in dono noi diventiamo in Cristo “un solo corpo, un solo spirito”, dimora della Sua presenza, che diventa forza e sostegno della nostra vita. Io non sono mai solo, con le mie sole forze, facile preda di delusione e scoraggiamento… C’è sempre in me la forza di Dio!
Altrettanto importante è il dono della sua Parola, segno efficace del suo essere e agire tra noi. Lo ricorda Marco nel vangelo, sottolineando come i suoi discepoli sono mandati a “proclamare il vangelo a ogni creatura” e subito iniziano a “predicare dappertutto”. Proprio in questo annuncio della Parola si sottolinea che “il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.
Segni che Marco elenca, non per descrivere discepoli diventati ora come dei ‘maghetti’ che operano miracoli ovunque, ma per indicare che la Parola annunciata opera ciò che essa dice, rende presente ancora Gesù, compie le opere che Lui ha compiuto.
E’ la Parola, cioè Gesù stesso, che ha la forza di scacciare il male, di pronunciare un messaggio di novità, di rendere capaci di prendere per mano le situazioni di fatica, di divisione, di male, di combattere i veleni dell’invidia, dell’odio, della malvagità e di offrire a tutti la guarigione del cuore e della mente.
Questi sono i segni che accompagnano la Parola e la confermano, cioè confermano che in essa è Gesù stesso che parla e opera.
Spirito e Parola, cioè Gesù il Vivente e il Presente che ci accompagna.
Noi, come i primi discepoli, siamo chiamati ad accogliere questa sua presenza, a custodirla ogni giorno in noi, (ecco il senso e il motivo dell’importanza della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio).
E’ questa Presenza che ci rende allora testimoni, missionari di Lui. Chiamati a dire ciò che ha detto Gesù, a fare ciò che Lui ha fatto. “Allora essi partirono e predicarono dappertutto”. “Di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, fino ai confini della terra”.
Un compito che ci chiama a una dilatazione non solo di spazi (da Gerusalemme ai confini della terra), dal dove viviamo ogni giorno fino a luoghi più remoti, ma soprattutto a una dilatazione della vita, del cuore, imparando ogni giorno a vivere portando la Presenza di Gesù in noi e attorno a noi e portando nel nostro cuore, nei nostri pensieri, nelle nostre scelte, tutti gli uomini con i quali in Gesù, formiamo un solo corpo e siamo chiamati a diventare una sola famiglia.
Con l’Ascensione dunque abbiamo la consapevolezza che non siamo più soli nel cammino della vita, nelle nostre lotte e fatiche, nel nostro impegno per un mondo diverso, per la crescita del Regno di Dio tra noi. Siamo sempre accompagnati da Lui. Il Presente che opera con il Suo Spirito e la Sua Parola per guidare tutta l’umanità verso la sua piena realizzazione nell’amore che trova in Dio la sua sorgente e il suo compimento

sabato 9 maggio 2015

Sesta domenica di Pasqua



E’ bello o no essere cristiani? Ci riempie di gioia vivere da discepoli di Gesù? oppure ci lascia indifferenti, non cambia più di tanto la nostra vita?
Gesù oggi ci parla di una gioia:“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
Una gioia che è la stessa che Gesù vive (“la mia gioia sia in voi”) e che deriva da quanto Lui ci ha detto, dalla sua Parola. “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
I tempi difficili che viviamo concedono poco alla gioia.
Tutti ne siamo alla ricerca. La confondiamo spesso con attimi fugaci di felicità, con le scintille di un momento piacevole, ma non riusciamo a entrare in possesso di una gioia duratura, capace di restare in noi sempre, anche nei momenti più critici.
Di questa gioia Gesù parla, anzi ci fa dono.
E se essa sta nelle “cose” che ci ha detto, significa che è lì che dobbiamo andare a cercarla, a ritrovarla, a farla nostra.
Non dimentichiamo che il brano che stiamo leggendo è l’immediata continuazione del brano letto domenica scorsa. Lì Gesù ci ha detto che in noi scorre la vita, l’energia stessa di Dio, che da Lui siamo abitati come linfa che rigenera e fa fruttificare i tralci. Oggi aggiunge che il nome di questa linfa vitale è amore. “Dio è amore” sintetizza Giovanni; e aggiunge: “l’amore è da Dio… In questo sta l’amore: è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo figlio…”. Infatti Gesù stesso afferma: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”.  Ecco le “cose” che Lui ci ha dette.
Sono l’invito a camminare nella vita consapevole che sei amato da Dio, vieni dall’amore, cioè da Lui stesso e verso di Lui sei in cammino per partecipare alla pienezza del suo amore.
Questa è la radice, la sorgente della gioia. E’ la gioia stessa di Gesù che vive nell’amore del Padre e a Lui si affida anche nel buio della passione e della croce. Questa è la gioia che deve diventare caratteristica del credente; una gioia che non dipende dalle circostanze della vita, se le cose mi vanno bene o mi vanno male, se gli altri mi vogliono bene o non me ne vogliono.
Questa gioia è interiore e viene da questa profonda esperienza; è l’esperienza di sentirsi profondamente amato: questa è la fonte della gioia.
Il Padre si occupa di me; e il suo amore allora diventa in me una spinta, un invito ad occuparmi degli altri. Infatti Gesù unisce al dono della gioia l’invito-comando all’amore: “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.
E’ il comando nuovo e unico che Gesù ci affida. “Questo è il mio comandamento”: è il “suo” comandamento, per contrapporlo a quelli di Mosè. Comando che deriva dell’esperienza vissuta: se sono amato da Dio, se “rimango nel suo amore”, tutta la mia vita deve comunicare la gioia di questo amore che mi pervade.
Gioia e amore diventano così la vita interiore ed esteriore del cristiano. Il segno distintivo del discepolo di Cristo.
Tuttavia occorre che ci soffermiamo a comprendere la misura di questo amore che riceviamo e che siamo chiamati a diffondere.
Oggi non solo la gioia è difficile, ma anche l’amore, pur così tanto chiacchierato e nominato, è a rischio di ambiguità e viene facilmente svilito e impoverito.
“Dio è amore”; non noi. Noi diventiamo capaci di amore solo se “rimaniamo in Lui, nel suo amore” e da Lui lo apprendiamo. Possiamo veramente amarci gli uni gli altri come Gesù ci chiede nella misura in cui questo amarci viene da Lui e si conforma al Suo amore.
“Amatevi COME IO ho amato voi”. Essenziale questo COME. E’ ciò che qualifica l’amore e lo rende vero, autentico, portatore di vita e di gioia. Come Dio ama?. Raccogliamo solo qualche spunto dalla Parola ascoltata per poi approfondirlo sia personalmente, sia nella vita comunitaria…
- Innanzitutto è un amore che si apre al dono di sé e non si chiude nella ricerca del proprio interesse e soddisfazione personale. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita”. ”In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio perché avessimo la vita per mezzo di Lui”. Vuol dire che servire, donare sono lo stile del cristiano e delle comunità cristiane.
- E’ poi un amore che si mette alla pari e ci chiama a entrare in una relazione di comunione profonda. “Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici”. Non è ricerca di dominio, desiderio di usare l’altro. Ma è disponibilità a una comunicazione, a un dialogo che unisce e arricchisce: “amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”. Vuol dire che tra noi cristiani e nelle nostre comunità dobbiamo smetterla di trattare alcuni come servi, cristiani di sere B, ma sentirci tutti coinvolti a lavorare insieme per il Regno…
- Ed è un amore che non si offre a chi lo merita, quale premio per i buoni risultati conseguiti… Esso previene gratuitamente, anticipa, va oltre la risposta che può ottenere: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”. Amore che muove dalla gratuità e si gioca nella fiducia totale nei nostri confronti, nei confronti dell’altro. Vuol dire che più che quello che facciamo è ciò che siamo che conta, anche nelle nostre comunità…
- E infine si tratta di un amore senza confini. “Dio non fa preferenze di persone”: così, nella prima lettura, Pietro arriva a percepire che l’amore di Dio travalica tutti i nostri schemi, tutte le nostre distinzioni, i muri che erigiamo e le barriere soprattutto mentali che non smettiamo mai di costruirci. “Non fa preferenze di persone” e vuole arrivare al cuore di ogni uomo e donna per riempirlo di quella gioia vera che dona luce e significato la vita. Vuol dire che ogni distinzione, divisione, chiusura, emarginazione, va contro l’amore di Dio…
Proviamo ad applicare queste indicazioni circa il “COME” dell’amore e avremo di che lavorare per imparare sempre più a manifestare con la nostra vita la gioia di essere amati da Lui.